Cosa sia cambiato nella linea dei pm, rispetto alle certezze del 30 luglio, non è facile capire. Nel decreto di giudizio immediato si accusava Toti di avere agito «in esecuzione di un disegno criminoso» e «per avere compiuto atti amministrativi anche illegittimi»: ora di quegli atti «anche illegittimi» la Procura, evidentemente, non è più così convinta. D'altronde un passo indietro lo ha fatto anche lui, Toti, che l'8 agosto - dopo essersi dimesso da governatore ed essere stato liberato dagli arresti domiciliari - spiegava di essere pronto a affrontare il processo e a dimostrarsi innocente, «Quello che è accaduto in questi tre mesi è un processo alla politica: ai finanziamenti, trasparenti e legali, agli atti, anch'essi legali e legittimi, che abbiamo ritenuto utili a far crescere la nostra terra». Ora anche lui su una parte di quella dichiarazione, «trasparenti e legali», sceglie di non insistere.
Resta, ora che la vicenda processuale scende di molti toni, da spiegare l'asprezza con cui è stata condotta l'indagine, a partire dalla decisione di fare scattare gli arresti, di colpire il governatore il 18 luglio con una nuova ordinanza di custodia, e dal diktat esplicito inviato ripetutamente dai magistrati a Toti, subordinando alle sue dimissioni la revoca dei «domiciliari».
Anche dopo il rinvio a giudizio immediato e la fine degli arresti, la Procura non aveva mollato il colpo: un nuovo capo di imputazione per una cena elettorale, una segnalazione della Banca d'Italia per dei versamenti «sosospetti» («dati contabili noti agli inquirenti da 24 mesi», replicò il legale di Toti). Il clima, insomma, non sembrava preludere a un'intesa tra indagato e Procura. D'altronde non era facile per i pm ridimensionare le accuse scaturite da una indagine gigantesca, con i telefoni e gli uffici del governatore intercettati per due anni e quattro mesi, fino all'entrata in scena anche del trojan installato sul portatile di Toti: una massa di intercettazioni tale da mandare in tilt i server della Procura al momento del deposito finale.
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